Un contributo importante alla Resistenza è stato dato dalle donne che furono un tassello
fondamentale nel trasporto di informazioni, stampa clandestina, armi e documenti falsi.
Percorrevano chilometri e chilometri a piedi o su biciclette scassate e prive di copertoni portando, negli orli delle gonne, nelle sporte della spesa, nei cesti e nei fagotti della biancheria il loro prezioso carico. Potendo circolare più liberamente rispetto agli uomini, riuscivano con più facilità a superare i controlli tedeschi anche grazie alla loro determinazione e alla voglia di sopravvivere che le portò a trarsi d’impaccio anche in situazioni pericolose assumendo a volte la maschera della ragazzina ingenua o della bella ragazza svagata e impudente. Per alcune di queste le scelte famigliari e personali determinarono, ancor prima dell’8 settembre 1943 una scelta di campo antifascista; a Imola, infatti, già attorno agli anni ’30 era attivo un gruppo di giovani donne che stampavano volantini per denunciare le condizioni di miseria della popolazione, le persecuzioni e le violenze perpetrate dai fascisti. In seguito a una di queste iniziative culminate 1° maggio 1932 col lancio di volantini durante la processione della Madonna del Piratello, furono effettuati arresti e condanne: Maria e Nella Baroncini furono costrette ad espatriare. Nel luglio 1932, mentre tentavano di rientrare in Italia, furono arrestate alla frontiera e condannate, prima al carcere e poi al confino.
Nell’agosto del 1943, dopo il rientro dei condannati al confino, Nella Baroncini, su incarico del
CLN, cominciò a organizzare, assieme a Prima Vespignani e a Vittoria Guadagnini, i Gruppi di
difesa della donna che si occuperanno della raccolta di viveri e indumenti, di istituire staffette
presso le varie formazioni partigiane e di preparare e diffondere la stampa clandestina. Fu grazie
alla loro azione capillare nelle campagne e nelle fabbriche che le donne, anche quelle che non
provenivano da famiglie di antifascisti, cominciarono a compiere azioni contro il regime salvando soldati dai rastrellamenti, fornendo loro abiti civili, facendo incetta di armi e munizioni e poi entrando nel servizio staffette. Molte di queste confluiranno, dopo la fine della guerra, nell’Unione Donne Italiane, UDI.