Disapplicazione delle normative internazionali e nazionali in materia di violenza maschile contro le donne

Adesione del coordinamento dei Centri Antiviolenza della Regione Emilia Romagna

Consiglio Superiore Magistratura

Presidente pro tempore Sergio Mattarella, Vicepresidente David Ermini

Ministra della Giustizia Marta Cartabia

Ministra per le Pari Opportunità Elena Bonetti

Presidente del Senato Elisabetta Alberti Casellati

Presidente della Camera Roberto Fico

p.c.

Presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio

Senatrice Valeria Valente

Gentilissimi,

bisogna ormai prendere atto che le convenzioni internazionali e le varie leggi nazionali approvate nell’intento di ostacolare il dilagare della violenza maschile contro le donne e i loro figli vengono contraddette, a volte negate, dai provvedimenti giudiziali.

Il Rapporto sulla violenza di genere e domestica nella realtà giudiziaria della Commissione Parlamentare di Inchiesta sul Femminicidio evidenzia con estrema chiarezza come la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, altrimenti detta Convenzione di Istanbul

– ratificata dal nostro Paese nel 2013 – sia ben lontana dall’essere pienamente recepita ed applicata.

Secondo il Rapporto giudici, avvocati e consulenti tecnici (per la maggior parte psicologi), – e noi aggiungiamo anche assistenti sociali, forze dell’ordine e altri dipendenti pubblici preposti alla tutela di donne e bambini – spesso non hanno la formazione adeguata a valutare la violenza maschile contro le donne nei casi di femminicidio, stupro, separazione e divorzio.

E inoltre, i pochi magistrati specializzati sul tema non si occupano solo di violenza e i procedimenti in materia di violenza non sono sempre assegnati a loro. Nelle procure di piccole dimensioni poi, spesso non esistono magistrati specializzati.

Eppure la specializzazione di tutti gli operatori è, giustamente, uno dei principi fondamentali della Convenzione di Istanbul perché la formazione inadeguata porta all’incapacità di individuare il fenomeno della violenza, con conseguenza nefaste per la vita di donne e bambini.

A quasi 10 anni dalla ratifica della convenzione, diventa quindi improrogabile prevedere con urgenza la formazione obbligatoria delle figure sopra menzionate da parte di esperte di violenza di genere e di diritti delle donne.

Il sistema non funziona, i fatti di cronaca quasi giornalieri lo dimostrano. Se c’è la volontà politica di arginare la violenza maschile contro le donne, allora bisogna farlo e senza indugio.

In Spagna questa volontà esiste e la riprova è che i femminicidi sono quasi la metà di quelli italiani. Ci sono tribunali speciali e le vittime possono ricevere gratuitamente assistenza legale e psicologica nonché aiuti economici. L’esistenza di questi tribunali ha portato ad una maggiore specializzazione di tutto il personale giudiziario e dal luglio 2021 è stata introdotta la formazione obbligatoria e annuale delle forze dell’ordine. Inoltre, per prevenire la violenza maschile contro le donne, nelle scuole spagnole si insegna la parità tra donne e uomini.

Tornando all’Italia, nelle cause di separazione poi, una distorta ma dominante interpretazione della legge sull’affido condiviso, considera prioritaria la presenza dei padri, anche se violenti, nella vita dei figli. A causa di ciò, i minori diventano vittime insieme alle madri.

Il caso recente del bambino ucciso per accoltellamento dal padre a Varese, come rilevato dalla stessa Ministra Cartabia disponendo un’ispezione presso il Tribunale, indica la discontinuità tra provvedimenti giudiziali quali quello del Gip di Varese e numerosi avvertimenti sociali, le indicazioni delle convenzioni internazionali ratificati dal parlamento e le direttive emanate dalla Procura dello stesso Tribunale di Varese in materia di tutela delle vittime di violenza ( Direttive interpretative e organizzative conseguenti all’entrata in vigore della legge 19 luglio 2019 n. 60 cd Codice Rosso)”.

Sembra che politica e magistratura non imparino mai dagli allarmanti fatti di cronaca: lo stesso omicidio efferato fu commesso nel 2005, quando il piccolo Federico Barakat venne ucciso dal padre durante una visita protetta imposta dai servizi sociali, alla quale la madre Antonella Penati si era opposta.

A questo proposito, l’approvazione del ddl 2417 per l’introduzione di più stringenti ed adeguate garanzie di sicurezza dei minori, presentato in Senato scorso ottobre, prima firmataria la Senatrice Valente, rappresenterebbe un valido strumento per pervenire alla soluzione della problematica sopra esposta, affermando il principio che un uomo violento non può essere un buon padre.

Invitiamo quindi le Autorità in indirizzo, ognuno negli ambiti di rispettiva competenza, ad agire immediatamente affinché l’inerzia della politica e delle Istituzioni non diventi palese complicità con gli assassini e i violentatori e l’ignoranza di tutti gli operatori preposti alla tutela di donne e bambini non convincano definitivamente le donne vittime di violenza dell’inutilità della denuncia.

Ringraziamo anticipatamente per l’attenzione e restiamo in attesa di pronto riscontro.

Potrebbero interessarti anche...