LA VIOLENZA è MANCANZA DI LINGUAGGIO…PARLIAMONE

Di cosa ha bisogno una donna che subisce violenza? Quale rete di protezione e assistenza mette a disposizione un Paese civile? Qual è il ruolo dei centri antiviolenza in Italia? Gli strumenti normativi in vigore sono adeguati ai casi concreti? A che punto siamo sul versante della sensibilizzazione maschile?
A queste domande si proverà a dare una risposta lunedì 20 luglio, alle ore 18, nel corso dell’incontro “La violenza è mancanza di linguaggio. Parliamone” che si terrà nell’Area dibattiti della Festa
dell’Unità di Imola. L’evento è organizzato dall’Associazione PerLeDonne, che opera per la diffusione e lo sviluppo di una corretta cultura di genere e il contrasto alla violenza.
Al tavolo della discussione siederanno Giovanna Martelli, consigliera di parità del Presidente del Consiglio; Roberta Mori, presidente della Commissione pari opportunità della Regione; Clorinda Mortero, delegata alle pari opportunità del nuovo Circondario imolese, Elisa Coco di Comunicattive per NoiNo.org, Rossella Mariuz, avvocata dell’Udi Bologna, Angela Romanin, vicepresidente della Casa delle donne di Bologna.
L’Associazione PerLeDonne ha deciso di partire dalle parole: quelle non dette o che non si hanno, che generano violenza, e quelle da dire per informare, sensibilizzare e prevenire episodi violenti di cui le donne sono vittime. Perché il linguaggio è importante, serve a dare senso e significato alla realtà che ci circonda. Saranno, quindi, parole come ascolto, sessismo, ospitalità, mobbing, reciprocità, identità, cultura, diritti, uomo e voce a essere al centro del dibattito e guidare la discussione. La tavola rotonda vuole essere un momento di riflessione di alto profilo e a 360° sul contrasto alla violenza di genere e sugli strumenti normativi e di prevenzione oggi a disposizione nel nostro Paese.

Sarà anche l’occasione per far emergere luci e ombre del “Piano d’azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere”, presentato dal Governo lo scorso maggio e criticato dalle associazioni e dai centri antiviolenza sia per l’iter col quale si è arrivati alla sua definizione sia, soprattutto, per i
suoi contenuti. Le esponenti delle istituzioni, da una parte, e le operatrici del settore, dall’altra, si confronteranno su alcuni punti del Piano ritenuti dalle associazioni come i più critici: il ruolo depotenziato e la posizione subalterna rispetto allo Stato dei centri antiviolenza, un sistema di governance fumoso che vanifica le reti territoriali, la mancanza di una regia organica, il “tradimento” dei vincoli contenuti nella Convenzione di Istanbul.

 

 

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