Lettera aperta in occasione del 25 novembre

Violenza, il silenzio è rotto ma la strada è ancora lunga

 

Nei decenni di lavoro ed esperienza fatti per contrastare la violenza degli uomini sulle donne, realtà femminili nazionali e internazionali hanno costruito le basi su cui oggi poggiano prassi e idee, metodi e teorie, per la presa in carico più rigorosa e accogliente possibile delle donne che hanno vissuto esperienze di violenza.

Negli anni moltissime nuove realtà femminili sono sorte ma la metodologia della presa in carico rimane centrale e richiede la massima competenza nell’affiancare le donne nei loro percorsi di “liberazione” e uscita dalla violenza. Sempre più spesso entrano nel dibattito argomenti e punti di interesse aderenti ai cambiamenti che nel frattempo sono avvenuti sul piano socio-culturale. Oggi del problema se ne parla molto di più e l’asse si è spostato da un approccio di cura delle “vittime” a un’esigenza diffusa di formazione, informazione, sensibilizzazione, prevenzione.

Il Centro Antiviolenza dell’Associazione PerLeDonne, che ha appena compiuto i tre anni dalla sua costituzione, vuole condividere con i lettori e le lettrici la soddisfazione per essere stato compreso, per la prima volta, nella distribuzione delle risorse economiche ministeriali previste: 1.900 euro circa per l’anno 2013/2014. Nonostante la soddisfazione di vedere finalmente riconosciuto il nostro Centro come soggetto attivo e facente parte della rete per il contrasto alla violenza, consideriamo tale cifra una briciola che di certo non copre i costi economici per la gestione della struttura. Il grosso dei fondi ministeriali è stato destinato ai Centri Antiviolenza storici del territorio che gestiscono case di accoglienza dell’emergenza o case rifugio. Ma se si guardano le statistiche che la stessa Regione ha raccolto sul bisogno abitativo delle donne che subiscono violenza, il modo in cui quei fondi sono stati distribuiti ci appare contraddittorio. Dai numeri pubblicati dalla Regione emerge, infatti, che solo il 3,5% circa dei casi presenta emergenza abitativa, ne consegue che il restante 96,5% necessita di altra tipologia di intervento, non residenziale ma di percorso. Non sarebbe allora più corretto distribuire più equamente quelle poche risorse che ci sono, in modo da garantire maggiormente quel 96,5% di donne? Il contrasto alla violenza si fonda su processi maieutici, pedagogici, formativi e performanti; si tratta di interventi lunghi, fatti di ascolto, affiancamento senza giudizio, fiducia, alleanza tra donne; punta sul rafforzamento di quegli aspetti di autostima e percezione di sé che sono stati minati, aiuta le donne a smettere di considerarsi sbagliate o colpevoli, a superare la loro vergogna e la loro paura di non essere credute; a recuperare la loro forza e consapevolezza.

Il gruppo di lavoro del nostro Centro Antiviolenza offre queste opportunità alla cospicua casistica di donne che la violenza la vivono ogni giorno ma vogliono cambiare prima ancora di giungere alla necessità di un rifugio. Quindici donne volontarie, competenti e formate, dedicano il loro tempo all’accoglienza di queste donne. Il lavoro volontario costituisce, per noi e per l’intera comunità, un plusvalore. Le donne accolte che hanno bisogno di ospitalità vengono accompagnate o inviate presso i Servizi a ciò preposti. Le altre, la maggioranza delle donne che chiede aiuto, ricevono accoglienza tramite un lavoro quotidiano e costante, silenzioso e invisibile perché non impatta situazioni eclatanti; è forse per questo che il nostro lavoro viene così scarsamente riconosciuto? Poiché si tratta di interventi invisibili che si rivolgono a bisogni invisibili, silenti e con scarsa risonanza mediatica? Sembrerebbe quasi che chi ripartisce i fondi veda solo la violenza che lascia segni, dando minor peso a quelle dinamiche – le più diffuse – di dipendenza da partner violenti che esercitano il potere di soggiogare le forze di autodeterminazione delle loro compagne di vita. Eppure tutti parlano di un cambiamento di rotta culturale, sul quale però non ci si interroga ancora con le giuste domande. Forse per ottenere risorse adeguate occorre ancora fare molto rumore?

 

Carmen La Rocca, responsabile Centro Antiviolenza dell’Associazione PerLeDonne

Potrebbero interessarti anche...