“Nessuna esclusa”

Come nasce il progetto “Nessuna esclusa”?

Analizzando i dati relativi alle accoglienze effettuate dal Centro Antiviolenza PerLeDonne-OdV nel periodo 2013-2018, notammo che circa un terzo delle donne accolte aveva una disabilità: distrofia muscolare, ritardo cognitivo, depressione, disturbo post traumatico da stress, disturbi alimentari, disturbo bipolare, sindrome di Asperger, Epilessia, Psicosi episodica, paralisi degli arti superiori, sordità parziale causata dalla violenza del partner; tutte condizioni che, in modo permanente o temporaneo, generano vulnerabilità.

Fu emblematico per noi l’incontro avvenuto nel 2016 con una donna in carico ai servizi da oltre 15 anni per la disabilità che aveva. Inviataci per una consulenza, nei primi colloqui emersero violenze gravissime di diversa natura, subite sin da bambina e protratte fino a quel momento. Alla domanda se avesse mai raccontato a qualcun altro prima di incontrarci, la risposta, spontanea come lei era, fu “no, nessuno mi ha mai chiesto queste cose…”.

Si avvertì tra di noi il bisogno di informarsi e di formarsi in modo specifico sul tema e, visionando i dati di varie indagini statistiche1, nacque l’esigenza di attivare un processo di analisi e di formazione che tenesse ben presente la relazione “donne/violenza di genere/disabilità”.

Decidemmo di contattare l’Ass.ne Differenza Donna2 di Roma che dal 2014 gestisce il primo Centro Antiviolenza in Italia dedicato all’accoglienza di donne con disabilità e che, insieme a FICH (Federazione Italiana per il superamento dell’handicap), opera al fine di modificare la tradizionale percezione culturale nei confronti del genere femminile, rafforzare i diritti delle donne tutte e supportarle nel personale percorso di liberazione dalla violenza.

Nell’ottobre 2019 realizzammo il primo momento formativo in collaborazione con Differenza Donna e con il Dipartimento di Salute Mentale di Imola, dal titolo: “Implementare saperi e competenze: genere, violenze e disabilità. Approfondimenti in ambito dei diritti umani, legislativo, sociologico e psicologico, riguardanti la violenza di genere su donne con disabilità”. Furono coinvolte Operatrici del Centro Antiviolenza, personale ASP e AUSL, personale dell’Istituto di Montecatone di Imola e delle Cooperative Sociali Seacoop di Imola e Tragitti di Forlì.

Oggi pensiamo sia importante attivare un processo di sensibilizzazione capillare affinché chi si occupa di persone con disabilità includa nella propria “cassetta degli attrezzi” strumenti e mappe per riconoscere la violenza di genere.

La partecipazione al bando 2019/2020 della regione Emilia Romagna, volto a progetti per contrastare la violenza maschile sulle donne, ci ha permesso di dare vita alla seconda tappa di un processo che vorremmo progressivamente implementare, a partire dal progetto “Nessuna Esclusa”.

Quali sono gli obiettivi del progetto?

Vorremmo inizialmente ottenere un quadro generale della percezione e delle conoscenze diffuse sui temi di genere nell’ambito delle disabilità, rilevando eventuali bisogni formativi da cui partire per avviare un dibattito in cui coinvolgere operatori/trici, professionisti e volontari sui temi delle discriminazioni multiple, dell’intersezionalità e della violenza contro le donne.

Crediamo utile fornire a quanti più operatori e operatrici possibili gli strumenti per collaborare alla prevenzione e al contrasto della violenza maschile sulle donne. Ciascun operatore e operatrice, a prescindere dall’ambito di lavoro e dal ruolo esercitato, può contribuire a questo processo dotandosi della sensibilità e degli strumenti di lettura e rilevazione della violenza.

Tra gli obiettivi si colloca anche l’avvio di relazioni e sinergie tra le competenze presenti nel campo della disabilità e in quello del contrasto alla violenza di genere. L’avvio di azioni integrate, in una rete pubblico/privato/terzo settore, favorirà progettazioni future, condivise e sostenibili, per esplorare e far emergere il sommerso, monitorare e contrastare la violenza.

Le donne con disabilità hanno il diritto di liberarsi da eventuali situazioni di violenza e da relazioni tossiche, di autodeterminarsi, di puntare alla piena realizzazione di sé stesse.

In termini concreti, crediamo che l’accesso ai Centri e ai servizi della rete antiviolenza debba essere possibile, semplice, riconosciuto come diritto e come opportunità, preferenziale in caso di vissuti di maltrattamento, abuso e violenza perpetrata in base al genere.

1 Rapporto ISTAT, giugno 2014: sul campione delle donne italiane con disabilità hanno subito violenze fisiche o sessuali il 36% di chi è in cattive condizioni di salute e il 36,6% di chi ha limitazioni gravi. Si stima inoltre, che il rischio di subire stupri o tentati stupri, sia doppio per le donne disabili (10% contro il 4,7% delle donne non disabili), a causa della cosiddetta doppia fragilità. (https://www.istat.it)

Rilevazioni FISH, Federazione Italiana per il superamento dell’handicap, 8 marzo 2019: circa il 10% delle donne con disabilità interpellate ha affermato di essere stata vittima di stupro nella propria vita. (gruppodonne@fishonlus.it)

Esempi comparativi effettuati da FICH:violenze fisiche o sessuali:Donne con disabilità: 36,6%.Donne senza limitazioni: 30,4%. Stupri o tentati stupri: Donne con disabilità: 10%. Donne senza limitazioni: 4,7%. Stalking prima o dopo la separazione: Donne con disabilità 21,6%. Donne senza limitazioni: 14.3%. (https://www.informareunh.it)

Nell’autunno 2019 si è conclusa l’Indagine VERA (Violence Emergence, Recognition and Awareness), promossa da FISH e da Differenza Donna, che intende portare alla luce il fenomeno della violenza sulle donne con disabilità, effettuata tramite questionari online il cui esito conferma la gravità della situazione. (http://www.fishonlus.it/vera/)

2 https://www.differenzadonna.org/

Nessuna esclusa

Azioni per conoscere, fare emergere e affrontare il fenomeno della violenza di genere contro le donne con disabilità

Introduzione

La violenza maschile contro le donne, nelle sue diverse manifestazioni, ha una portata planetaria allarmante. La situazione si presenta assai più grave nel caso in cui a subirla siano donne con una o più forme di disabilità.

Stereotipi e pregiudizi diffusi considerano le donne con disabilità incapaci di comprendere e prendere decisioni autonomamente, di desiderare, provare emozioni, sentimenti, avere ambizioni, desideri sessuali o di maternità.

La mancata consapevolezza dei propri diritti, la dipendenza economica e quella correlata alla disabilità, sono ostacoli forti per il processo di emancipazione e di autodeterminazione. La disabilità è uno dei maggiori fattori di rischio, per le donne, di subire violenza e discriminazioni.

Riconoscere la violenza e attivare percorsi di affrancamento sono processi di difficile attuazione per tutte le donne. Il processo si complica ulteriormente quando le donne hanno una o più disabilità. L’attenzione nei loro confronti si concentra generalmente sui bisogni di natura sociosanitaria e passano in secondo piano quelli relativi al genere e derivanti dall’essere donna. Farmaci, dispositivi, cure mediche, sono troppe volte l’unica risposta.

Bisogna garantire al più ampio numero possibile di donne l’opportunità di affrancarsi, qualora ne siano coinvolte, da contesti e situazioni violente. Occorre facilitare a tutte l’accesso ai Centri e alle reti antiviolenza, servono pratiche inclusive fondate su un’ampia e trasversale conoscenza delle dinamiche della violenza lette attraverso la prospettiva della differenza di genere. La disabilità è un elemento non esclusivo nella declinazione dell’identità della “persona donna”.

Servono azioni e servizi di prevenzione e contrasto che oltre a occuparsi delle specifiche esigenze connesse alla disabilità, abbiano chiari i meccanismi della discriminazione multipla (per il fatto di essere donne e per quello di avere una disabilità), che si manifesta assai spesso attraverso le violenze di genere.

Lo schema sintetico della ricerca-azione

Tre i filoni di lavoro, paralleli e complementari, del progetto:

  1. Un filone di ricerca su base statistica e di analisi quantitativa e qualitativa dello stato di fatto, volto a ottenere dati realistici e prossimi alla realtà del territorio analizzato.
  2. Un filone di sensibilizzazione, informazione e formazione rivolto a operatori/trici tramite focus group tematici, privilegiando metodi interattivi di confronto, condivisione e analisi di casi.
  3. Un filone di sensibilizzazione e informazione rivolti a gruppi di genitori, familiari, donne singole e/o gruppi di donne con disabilità, privilegiando metodi interattivi nella forma sperimentale dello “sportello itinerante informativo” e dell’intervista.

Obiettivi e risultati attesi

Mappare i potenziali Stakeholder del territorio

Dalla mappatura ci si attende di ottenere un quadro territoriale di potenziali Stakeholder (servizi pubblici e privati che a vario titolo si occupano di disabilità), quanto più prossimo alla realtà del territorio.

Realizzare un’indagine psicosociale, tramite questionario, sulla percezione del fenomeno e sulle eventuali azioni effettuate dai soggetti per affrontare il problema

L’indagine psicosociale permetterà una rappresentazione realistica di come il fenomeno sia conosciuto, percepito ed eventualmente trattato da parte del campione intervistato.

Sensibilizzare e avviare un dibattito pubblico

Con la realizzazione dei focus group ci aspettiamo di:

sensibilizzare un ampio numero di operatori/trici di servizi pubblici, privati e del terzo settore che si occupano di persone con disabilità psico fisica.

ricevere dai soggetti che collaboreranno informazioni e buone pratiche che possano essere trasferite all’interno del setting delle accoglienze del Centro Antiviolenza.

diffondere una visione della donna nella sua complessità e interezza, maturando la consapevolezza che le esigenze legate al genere e quelle legate alla disabilità si intrecciano e non si autoescludono.

osservare ricadute pratiche, come ad esempio essere in grado di esplorare eventuali sospetti di violenza o abbattere fenomeni di vittimizzazione secondaria.

diffondere le informazioni relative alla rete antiviolenza del territorio, alle linee di intervento, all’esistenza di accordi e protocolli sul contrasto della violenza di genere, alla presenza e alle attività dei Centri Antiviolenza.

Avviare e promuovere una rete multiprofessionale consapevole pubblico/privato/terzo settore

Vogliamo mettere in connessione una molteplicità di soggetti, stimolare il desiderio essere attori di una nuova rete, pur mantenendo la propria specifica professionalità, contribuendo alle azioni di contrasto della violenza di genere, attivando forme di presa in carico attenta al genere.

Questo passa anche dall’organizzazione degli incontri dello “Sportello itinerante” volti a sensibilizzare e informare donne, gruppi e associazioni su temi quali la differenza di genere, i bisogni e i desideri femminili, i diritti delle donne, la violenza di genere contro le donne con e senza disabilità.

Dagli incontri dello “sportello itinerante informativo” ci aspettiamo di cogliere, tra le altre cose, la percezione personale del fenomeno dal punto di vista delle donne con disabilità.

Emersione del fenomeno e facilitazione degli accessi delle donne alla rete antiviolenza

Dall’insieme delle azioni che metteremo in campo ci aspettiamo un aumento del numero di soggetti interessati al supporto e alla collaborazione con la rete antiviolenza territoriale (costituita da AUSL, ASP, FFOO, Centri Antiviolenza e altri soggetti).

Complessivamente ci aspettiamo un aumento degli interventi del CAV in termini di:

  • Richieste di consulenze, collaborazioni, formazione da parte degli enti coinvolti
  • Richieste di supporto da parte di donne e/o familiari e/o operatori/trici

Rendere pubblici gli esiti della ricercazione

Consideriamo l’esito della ricercazione un contributo utile alla realizzazione dei processi di prevenzione e di contrasto della violenza di genere, oltre che per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione.

Il lavoro “sul campo” e quello di ricerca ci restituiranno un ampliamento delle conoscenze e delle competenze; il materiale raccolto, analizzato e prodotto metterà in evidenza punti di forza e punti di fragilità della realtà territoriale, anche in vista di una progettazione futura che preveda la possibilità di offrire strumenti e soluzioni sostenibili.

Fasi – Azioni progettuali

  1. Realizzazione degli strumenti di ricerca psicosociale orientati alla mappatura dei servizi e all’analisi dello stato di fatto
  • Piano per la mappatura dei servizi
  • Questionario di raccolta dati quali/quantitativi per rilevare la percezione del fenomeno da parte di operatori e operatrici dei servizi pubblici, privati e del terzo settore.
  • Interviste semi-strutturate rivolte a gruppi e/o a singole donne con disabilità, volte a indagare aspetti qualitativi e di percezione del fenomeno.
  1. Promozione di una rete multiprofessionale consapevole
  • Mappatura dei potenziali Stakeholder
  • Somministrazione e raccolta dei questionari di rilevazione quali/quantitativa.
  • Processi di sensibilizzazione, informazione e formazione tramite incontri tematici, focus group, analisi di casi.
  1. Interventi di sensibilizzazione dello “sportello itinerante informativo”
  • Azioni di sensibilizzazione e di informazione destinati a gruppi di genitori, familiari, parenti di persone con disabilità, gruppi di ragazzi/e con disabilità, gruppi di donne o singole donne con disabilità, attraverso il metodo sperimentale dello “sportello itinerante informativo”, da effettuarsi presso i luoghi da essi frequentati, quali associazioni, strutture semiresidenziali, centri diurni, luoghi di aggregazione, altro.
  • Lo sportello itinerante sarà organizzato tramite una griglia orientativa che compone anche il contenuto delle interviste semi strutturate. Le interviste saranno compilate, in parte durante i gruppi, in parte in un secondo momento.
  1. Analisi ed elaborazione dei dati raccolti

Il materiale raccolto sarà analizzato, elaborato, letto e interpretato, in maniera organica. Sarà possibile quindi rilevare punti di forza e criticità sulle quali intervenire in una progettazione futura.

  1. Report e diffusione del lavoro di ricerca-azione

Il materiale prodotto ed elaborato in forma organica, la documentazione dell’intero processo nei suoi aspetti qualitativi, saranno oggetto di pubblicazione per favorire la diffusione della ricerca ed eventuali repliche del lavoro svolto.

  1. Evento pubblico per la condivisione e la pubblicizzazione del lavoro effettuato

L’esito del lavoro sarà reso pubblico attraverso la realizzazione di un evento, in cui sarà realizzato anche uno spettacolo sul tema, a cura di alcuni partner di progetto che si occupano di disabilità tramite linguaggi teatrali.

Ambito territoriale del progetto

Il territorio in cui si intende realizzare il progetto è l’area del Nuovo Circondario Imolese, alcune zone geografiche limitrofe, con un’estensione dell’area metropolitana di Bologna.

Beneficiari della progettazione

Le Associazioni, Cooperative e Servizi che in vario modo e a vario titolo avranno collaborato al presente progetto

I Genitori, i familiari e i parenti di donne con disabilità

Le donne vittime di violenza legata al genere

Le donne con disabilità di diversa natura

I figli delle donne con disabilità

I programmatori istituzionali dei Servizi

La popolazione del territorio

LEGGI IL REPORT DEL PROGETTO